giovedì 5 novembre 2009

Un parto emblematico che fa riflettere

La strada alle mie spalle non è per niente lineare, ma non mi dilungherò a raccontarla, perché ci vorrebbe una vita! Semplicemente per mia sfortuna/fortuna conosco l’ambiente medico da dentro…sono una laureanda in medicina ed ho pure un marito medico…e volevo un parto naturale, diverso da tutti i parti cui avevo fino a quel momento assistito, in ambiente universitario.

Molte volte avevo temuto di avere uno di quei parti…posizione litotomica, gambe legate alle staffe, episiotomia, kristeller e bimbo schiacciato fuori come si schiaccia un brufolo!!!! Scusate la brutalità, ma quel modo di partorire mi terrorizzava! Non avevo mai visto una nascita fisiologica… per cui, per me, quello era l’unico modo di partorire (almeno negli ospedali italiani) e, da questo dato di fatto, nasceva la mia idea che così non avrei mai partorito! ...pensavo davvero che fosse “meglio un cesareo piuttosto”!

Questo è l’antefatto; poi mi ritrovo incinta in un periodo diverso della mia vita: avevo deciso di sospendere l’università per un po’, venivo fuori da un aborto delle prime settimane che mi aveva lasciato psicologicamente molto abbattuta, anche perché a causa di quest’ultimo, sono finita nella spirale di esami e controesami che non si negano mai, anzi si ordinano… perché vuoi mettere”…è la moglie di un collega!”. Dopo l’aborto dato che vi era un sospetto diagnostico di mola vescicolare, mi sono fatta quasi un anno di controlli ematologici ravvicinati che mi hanno causato una repulsione verso l’ambiente medico, tale per cui, ora scherzando (ma non troppo…) dico che sopporto a malapena mio marito!

Quando mi trovo incinta la prima volta mi avvicino a questa lista grazie a Manu, che mi invita qui, a vedere che si può partorire in modo diverso! E per questo non finirò mai di ringraziarla!!! Inizio sbirciare i post in questa lista e a leggere dei libri che parlavano di questo modo fisiologico di partorire: da Odent a Ina May Gaskin…

Poi quando mi ritrovo incinta di Davide, inizio a programmare le cose per bene: visto che conosco l’ambiente ospedaliero, voglio proteggermi da esso, e chiedo al Melograno di Treviso di segnalarmi un’ostetrica che mi possa seguire per un accompagnamento in ospedale. La contatto ed ho un colloquio con lei verso le 20 settimane di gestazione. Le spiego tutta la situazione e programmiamo bene il tutto…mi sento rassicurata moltissimo! Lei mi dà la sua disponibilità per seguirmi per il travaglio a casa e poi mi farà raggiungere l’ospedale a circa 5-6 cm di dilatazione; andremo nell’ospedale dove lei lavora part-time e lì lei potrà continuare a seguirmi fino alla nascita di mio figlio! Facciamo degli incontri anche con mio marito per conoscerci, durante uno di questi, lei mi dice che in ospedale potrà farmi capire se una cosa è consigliata oppure no, ma che dovrà essere mio marito a proteggermi. Lei sarà presente, ma di fronte ad un ginecologo che le ordina una cosa, lei non potrà dissentire, ma noi (io e mio marito possiamo) e lei ce lo farà capire. Questa cosa un po’ mi agita ma gli incontri successivi mi rassicurano, perché mi dice che nessuno potrà mai farmi nulla senza il mio consenso… e si crea un bel rapporto con lei.

Arrivo alle 38 settimane di gravidanza e faccio il primo controllo in ospedale. In ospedale non mi sento sicura, l’ambiente mi agita molto, non mi sento accolta (lei non c’era) e pure al controllo successivo…quando entro in ospedale mi irrigidisco e mi agito. Ne parlo con mio marito e con lei, le comunico a 39 settimane che (visto che lei seguiva anche i parti in casa) vorrei partorire a casa. Lei sente che sono motivata e che pure mio marito è d’accordo e mi sostiene. La gravidanza è fisiologica, il bimbo sta bene, il tampone è negativo, la mia pressione è ottima, ci sono tutti i presupposti. Nel giro di 2-3 giorni lei parla con una collega (la stessa con cui io ho fatto il corso pre-parto al consultorio) e mi dà l’ok. Se lei non sarà di turno in ospedale, partorirò in casa.

Lunedì 3 Luglio 2005 (40+4) durante una visita a casa le chiedo di farmi lo scollamento delle membrane. Lo fa, non sento male, né vedo macchioline di sangue. Sono molto agitata perché non vorrei essere indotta.

Giovedì 6 Luglio 2005 (41+0) alle 6.15 di mattina, mi alzo, vado in bagno e vedo delle macchie di sangue sugli slip. Chiamo la mia ostetrica (V. per capirci) sul cellulare e lei mi rassicura… mi dice che le contrazioni dovrebbero partire… mi dice di farle sapere come evolve la situazione. Le contrazioni partono quasi subito, molto distanziate ma partono, sono una ogni 20’ più o meno. Mio marito è a casa con me e questo mi rassicura moltissimo.

Alle 8 la richiamo e le dico che sono partite le contrazioni. Lei mi dice che si trova da un’altra mamma (ed io penso sia solo in visita, non che la stia seguendo per un travaglio, visto che comunque, per l’accompagnamento mi aveva dato da tempo la sua reperibilità 24 ore da 15 giorni prima a 15 giorni dopo la dpp) e che mi manda l’altra ostetrica (la sua amica del consultorio, quella del corso pre-parto, chiamiamola A).

Mi dice che A. verrà a visitarmi dopo il lavoro al consultorio, finirà alle 13.30 e poi verrà da me.

L’ostetrica del consultorio (A) arriva alle 14 e mi visita. Dice che non è ancora travaglio avviato e che sono a 2 cm. Dice che questi sono prodromi e che si possono fermare… mi dice che si fermerà da me quando il travaglio sarà ben partito, perché non è detto che vada avanti. Sono ancora prodromi…dolorosi ma prodromi! La devo richiamare (penso che sia per il fatto che lei, A, abita più vicino a me rispetto all’altra ostetrica) prima di andarsene mi spiega di provare più tardi a mettermi in vasca da bagno, per vedere come prosegue il travaglio in acqua: se le contrazioni si affievoliscono come intensità dolorifica, ma sono più frequenti allora è il momento di chiamarla; se invece in acqua le contrazioni diventano meno frequenti allora non è ancora il momento.

Vivo serenamente quei momenti, accettando ciò che mi dice, con accanto mio marito che mi è di enorme aiuto e mi massaggia la schiena ad ogni contrazione, dalle 14 fino alle 20.30 tengo duro, non entro nell’acqua perché ho paura che le contrazioni divengano meno frequenti, e io non voglio che si fermino.

Poi alle 20.30 entro in acqua e mi sento in paradiso: il dolore si attenua, però le contrazioni le ho ogni 4 minuti, invece che ogni 6 minuti. Mio marito chiama A. , lei arriva quasi subito. Mi visita e mi dice che sono a 4-5 cm; dice che ormai il travaglio è avviato e mi consiglia come respirare, mi dà pure dei consigli sulla vocalizzazione, perché dice che se continuo a vocalizzare così, mi troverò senza voce.

Lei mi è d’aiuto, io non mi sento troppo bene con lei…nel senso che non avevo fatto tutti quegli incontri personali non con lei, ma con V. e al corso del consultorio, A. ci aveva detto che seguiva anche lei parti in casa, però alcune cose che aveva detto non mi trovavano d’accordo. Comunque devo dire che in quei momenti mi è stata d’aiuto perché mi raccomandava di concentrarmi sul momento presente, di non pensare al dopo, ma di stare serena e di affrontare le contrazioni una ad una senza pensare a quella dopo.

Dopo alcune ore, cedo fosse mezzanotte o l’una, lei mi lascia in compagnia di mio marito e va a distendersi in salotto sul divano perché è stanca. Sono in acqua e c’è Francesco con me, ma non mi basta…a V. avevo detto più volte che io per come mi conosco, sono una persona che ha bisogno di rassicurazioni continue da chi le sta accanto. E durante le contrazioni ho bisogno di sentirmi dire che va tutto bene, che è la normalità (in fondo è il mio primo parto, non so cosa aspettarmi, per la mia formazione ho una gran paura del dolore, di non saperlo gestire, di venirne sopraffatta e di perdere il controllo, ho bisogno di sentirmi dire che va tutto bene…)

Quindi urlando la chiamo, e dico a mio marito di andare a chiamare A. Lei viene e mi rassicura per un po’…poi torna sul divano. Io con mio marito esco dalla vasca e me ne torno in camera mia. Sto sul letto a carponi e continuo a vocalizzare. Il tempo passa. Alle 4 di mattina mi rivisita e sono a 8 cm. Dice che lei chiamerà V. quando sentirò spingere. Qui entro in trance, mi ricordo poco le cose, sento che lei nella stanza vicina sta sterilizzando le cose che le serviranno. Affronto le contrazioni ma voglio che arrivi V. le dico di chiamarla. Mi dice di non preoccuparmi, che V. in una quarto d’ora sarà da me, ma che è presto per chiamarla. Allora mento e dico che sento spingere…dico che “mi sembra di sentire spingere”…allora mi rivisita e dice che sono a 9 cm e che rimane solo un piccolo bordino del collo che si può allentare anche col passaggio della testa; per cui chiama V.

Alle 4 e 30 circa arriva V. mi trova in camera con le luci basse, sul letto a carponi. Mi fa girare e mi visita, dice che sì sono a 9 cm e mezzo e mi chiede poi di mettermi sul fianco sinistro per farmi un po’ di polarity ( me l’aveva già fatta a fine gravidanza, è un massaggio leggero che dovrebbe accompagnare le cose in modo fisiologico. Quel massaggio mi era piaciuto in gravidanza, ma non avevo queste contrazioni…Sapevo che una delle sue ostetriche l’aveva fatto pure a Simona V. durante il suo travaglio, e quindi cerco di stare ferma sul lato sinistro, ma non mi riesce, e così niente polarity!) Mio marito intanto va a sdraiarsi su una poltrona in salotto con l’altra ostetrica (A.)

Le contrazioni continuano, sono sul letto a carponi, ho nausea e tengo praticamente la testa dentro una bacinella, ma non vomito. Intanto V. mi sostiene si sente 3 o 4 volte al telefonino con un'altra ostetrica in ospedale (che poi scoprirò essere una sua collega che segue anch’essa i parti in casa e che la sta tenendo aggiornata sulla signora che lei stava visitando il mattino del giorno prima, quando io l’avevo chiamata!)…io durante le contrazioni le chiedo di stare con me, di lasciare il telefonino (mi disturba e mi sconcentra molto questa cosa)…

Dopo un po’ (non ricordo più che ore fossero), dice che purtroppo Davide è ancora alto con la testa, e che se le cose non evolvono si deve pensare a darci un tempo per raggiungere l’ospedale. E lì mi sento chiudere, mi sento una paura tremenda addosso: dico che no, io non ci voglio andare in ospedale! Lei mi dice di non pensare all’ospedale, ma solo al momento presente…mi metto a ruotare il bacino in piedi, sperando Davide si incanali, invece nulla.

Dopo un po’ mi dice che alle 8.30 mi visita e se non si sarà incanalato con la testa, si dovrà raggiungere l’ospedale. Io chiedo, supplico di no, mi faccio dire cosa posso fare, le chiedo cosa mi farà in ospedale e lei mi dice che proverà a rompere le membrane per vedere se questo può aiutare Davide a scendere con la testa, dice che non è il caso di provare a rompere a casa le membrane…io non sono in grado di controbattere e mi fido di lei.

Alle 8.15 ci raggiunge mio marito. V. gli spiega la situazione e decide di visitarmi. Nulla Davide non è sceso ed io sono sempre a 9 cm e mezzo. Le contrazioni ci sono, ma si sono affievolite di intensità e frequenza. V. chiede a mio marito cosa ne pensa e lui dice, che, se lei ritiene che sia da raggiungere l’ospedale è bene farlo.

Terrorizzata e con la valigia salgo in macchina e raggiungo l’ospedale. V. parte con noi, ma mi marito fa una scorciatoia e arriviamo prima di lei. L’altra ostetrica A. ci lascia e raggiunge il consultorio.

Arriviamo in ospedale prima di V. e una sua collega (quella con cui lei prima parlava al telefonino) mi fa entrare nella sala parto (colorata con cuscini, con un letto mobile e col pallone) penso che meno male che è libera per me!

Arriva un attimo dopo V. e mi dice di vestirmi con la camicia da notte apposita e dice che va a mettersi la divisa. Sta via un bel po’, io ricordo che dicevo a mio marito : “ma dove è andata???” le contrazioni mi danno fastidio e mi dà ancora più fastidio il fatto che lei non torni…mio marito suona il campanello ed arriva un'altra ostetrica (quella con cui lei parlava al telefonino) che dice che V. tornerà fra un po’…dice che intanto mi segue lei, nel frattempo mi chiede se ho bisogno di andare a fare pipì, …io non so se sento il bisogno, ma ho voglia di uscire da quella stanza…e quindi esco con lei. Ritorno dal bagno alla sala parto e arriva un’infermiera, che mi mette una flebo di fisiologica suppongo (chiedo “che roba è?” e mi dice che è solo un accesso venoso). Poi mi mettono il monitoraggio continuo senza fili, con la fascia attaccata alla pancia ma libera, però anche questo mi dà fastidio, ma non posso farci nulla. L’ostetrica che è con me, mi dice che V. tra un po’ arriverà e mi romperà le acque, ma se questo non dovesse portare a nulla bisogna fare l’ossitocina. Mi terrorizzo a più non posso: dico che no, l’ossitocina non la voglio! V. durante uno dei colloqui a casa con lei, era presente anche mio marito, mi aveva detto che lei non aveva mai usato l’ossitocina con nessuna delle donne che lei aveva seguito. Questa ostetrica dice che è necessario farla se si vuole evitare un cesareo. Io dico che non ne posso più, che sono le 11 del mattino e sono in questa situazione dalle 6 di ieri, che non ce la potrò mai fare a partorire da sola in queste condizioni, che sono stanca…mi sento esaurita, ma non perché mi siano pesate le contrazioni, ma per lo stress dell’andare in ospedale e perché dicono di farmi l’ossitocina. Allora cercano di impaurirmi, dicono che la dottoressa X (non ricordo nemmeno più il nome) verrà a parlarmi perché è il caso di fare l’ossitocina e mi spiegherà come questo possa evitarmi un cesareo…io lì non so se impazzisco o cosa, comunque chiedo che mi venga fatto un cesareo, ma per fortuna mio marito mi fa rientrare in me… passa di lì una tipa, non so se medico o infermiera o ostetrica che dice : “ah, sì, se dovessimo fare il cesareo a tutte quelle che ce lo chiedono…”

Dopo un po’ arriva V. e mi rompe le acque. Sono belle limpide e Davide sta bene. Poi in due secondi sparisce e non la rivedo più…allora chiedo all’ostetrica che c’è lì, se c’è V. e lei non mi risponde ma mi dice che probabilmente tra un po’ mi faranno cambiare sala, perché nella stanza attigua c’è una mamma che sta per partorire e quindi non vogliono che io mi impressioni.

Poi continua a spiegarmi con dovizie di particolari sta cosa dell’ossitocina…non mi fanno cambiare stanza. Sento le urla di questa mamma e chiedo se anch’io dovrò arrivare ad urlare tanto per partorire…

Alle 12.30 cedo e partono con l’ossitocina. Sento l’altra mamma che ride e sento la sua bimba piangere. L’ostetrica mi dice che anche lei ha partorito con l’ossitocina. Arriva V. (finalmente!) capisco che ha assistito fino al parto l’altra mamma. Passa attraverso la porta di comunicazione che c’è tra l’altra sala parto e la mia. Mi spiegano che ogni 5 minuti si aumenta di 5 gocce l’ossitocina fino ad arrivare a 30 gocce. Oltre 30 non si può andare, sennò si fa un cesareo. Vedo che non rispondo alle prime gocce di ossitocina, 5, 10, 15, 20 nulla, l’ostetrica si avvicina per regolare la flebo e intanto io penso che finirà in cesareo e chiedo a mio marito se lui è comunque fiero di me ( non so perché gliel’ho chiesto, ma ricordo molto bene di averglielo chiesto…).

A 25 gocce l’ossitocina fa effetto: ripartono le spinte. Sono sul lettino e non voglio più stare lì (ho il monitoraggio senza fili e la flebo di ossitocina) con difficoltà scendo ma mi dicono che è meglio che risalga e che mi metteranno le varie parti del lettino con preferisco io (è tutto elettrico e mobile). Mi ritrovo a carponi, spingo fino alle 16.45 (ora della nascita). Sulla cartella clinica scriveranno che la fase espulsiva è durata dalle 14.30 alle 16.45, in realtà l’ossitocina me l’hanno messa alle 12.30.

Quindi sono 4 ore e un quarto di spinte tutte forzate e tutte in apnea a carponi: dopo le prime spinte arriva un’altra ostetrica a dare il cambio alla collega di V. Questa nuova ostetrica è una tipa vecchio stampo, è una donna di mezza età che puzza da fumo. Al primo impatto, quando entra sono spaventata e cerco lo sguardo di V. per vedere se mi dà un cenno di assenso, se mi fa capire che tipa è questa ostetrica (L.). V. dapprima non se ne accorge, poi invece mi dice che L. è la più vecchia delle ostetriche è che ha visto più nascite di tutte le altre. Va beh, la cosa non mi tranquillizza al momento, ma tant’è. Io continuo a spingere a carponi: sento arrivare la contrazione, prendo l’aria, mi piego all’indietro sulle ginocchia, trattengo l’aria e spingo. L. mi dice che le spinte non sono efficaci, che devo spingere di più se voglio farlo scendere, all’apice della contrazione mi dice: “spingi, spingi spingi,” e continua per tutto il tempo in cui, secondo lei, io devo trattenere il fiato e prolungare la spinta. Faccio così, la seguo, tanto ormai sono così disorientata che seguirei chiunque… e lei mi dice che ora le spinte sono efficaci, di continuare così e mi “aiuta” in questo modo ad ogni spinta.

Mio marito continua a porgermi dei bicchieri di acqua, bevo dei grossi sorsi tra una contrazione e l’altra, a volte non c’è la pausa e mi trovo ad avere una contrazione seguita da un'altra subito dopo. Chiedo a V. quanto manca, non ne posso più, lei non mi risponde, dice:”chi può dirlo?” oppure “non lo so…” …un secondo mi sento Ercole, l’attimo dopo sono sfinita. Mio marito mi asciuga la fronte, mi fa aria sventolandomi la faccia con un ventaglio e mi fa bere l’acqua…è pure bravo a destreggiarsi tra le varie cose che gli chiedo, una dopo l’altra nei rari momenti di pausa.

Dopo un bel po’, V. mi dice di girarmi (sono carponi) che la prossima contrazione mi visita per vedere come siamo. Saranno forse passate le 4 ore, perché ricordo che poco dopo quella visita Davide è nato. Mi giro con estrema difficoltà, ho ancora tutto l’ambaradan di fili attaccati… mentre mi sto girando, sento L. che dice a V. che non si può aspettare ancora tanto, che il liquido è tinto (questa cosa mi preoccupa e mette in moto la parte razionale del mio cervello) inoltre, mentre mi giro V. mi dice che ci vorrà l’episiotomia.

Dico di no, che non la voglio, lei dice che mi devo fidare, che ormai deve uscire e che l’episio serve a ridurre i tempi. Non ho più la forza di controbattere…Le dico che esigo l’anestesia (sì perché nei parti che avevo visto io, l’anestesia non si dava…sforbiciata e via all’apice della contrazione…) mi dice che le me la fa, di stare tranquilla. (seh, sai che tranquilla che sono!)

Mi visita all’apice della contrazione…un male cane, mi fa fare due spinte forzate durante la visita (cioè non toglie la mano e sta lì ad aspettare due contrazioni successive: dice subito che l’episiotomia non serve, che Davide sta per uscire: “ormai è qui”…io non ci credo, chiedo conferme…lei si veste, in due secondi, mi avvicinano il carrello semisterile, V. indossa il grembiule, lo fanno indossare pure a mio marito, arrivano tutti: puericultrici infermiere varie…una ginecologa che dice di fare l’episio. V. ribatte che non serve, io dico che non la voglio. E la gine fa un panegirico su ‘ste donne che non vogliono un taglietto netto piuttosto di una lacerazione slabbrata (parole testuali, le ho impresse a fuoco in testa e stava per nascere mio figlio!!!).

La gine chiama un pediatra, perché dice che i figli di medici sono soggetti a più sfighe degli altri…io penso che più di così!!! Due tre spinte ancora e Davide incorona, tocco la testina, la sento umida, scivolosa e sento i capelli (quella sensazione la sento ancora nelle mie mani)…Durante le spinte L. continuava a dirmi: “a questo bimbo gli faccio le treccine!”quanti capelli ha!

Serve un’altra spinta così esce la testa. L. sale sul lettino affianco a me e non capisco cosa fa, lo capisco solo durante la spinta in cui chiudo gli occhi per la spinte e lei con un gomito mi blocca la pancia. Ho visto Kristeller peggiori, ma non mi lamento nemmeno della mia. Mio marito si sposta davanti per vedere nascere suo figlio e io mi ritrovo senza nessuno che mi sostenga la testa, e chiedo che qualcuno lo faccia…Comunque con quella spinta la testa è fuori. Sento che lo aspirano subito, mentre sta fuori con la testa, io penso che il più è fatto, che ora devo aspettare la spinta successiva, ed invece V. mi dice di spingere subito senza aspettare la contrazione, mi dice di spingere e vai con un’altra Kristeller. Davide scivola fuori ed io lo sento piangere.

V. lo appoggia sul carellino vicino e un’infermiera lo aspira, lo aspirano dappertutto povero cucciolo, d’altra parte è pieno di meconio…ricordo di aver pensato questa cosa mentre dicevo: “è mio, è il mio bambino, il mio bambino….” Mio marito si asciuga due lacrime che gli rigano il viso. Quante volte ho ripetuto queste parole…il mio bambino…. La gine mi apre completamente la flebo di ossitocina e dice che il mio utero non si contrae. Io penso che questa è fuori e che non abbia mai visto una vera atonia uterina in vita sua, (io sì purtroppo).

V. mi appoggia Davide sul petto, si calma…è avvolto in un telino bianco, lo guardo e mi sento sciogliere, non dimenticherò mai il suo visino, la sua espressione in quel momento. Dopo un po’ mio marito taglia il cordone.

La gine non sa aspettare, dice che il mio utero non le piace, per farla breve mi raschia prima di suturare la lacerazione. Dice a V. di farmi un’altra flebo di ossitocina ma quando la gine esce V. non me la fa e dice che non serve.

Mentre la gine mi cuce, mio marito segue mio figlio nell’altra sala, dove gli fanno il bagnetto, il pediatra lo visita e non riscontra nulla (incompetente: si accorgerà mio marito circa un’ora dopo il parto, che Davide non respira bene e quindi non ossigena bene il sangue…Davide la prima ora dopo la nascita sta con me, sul mio letto vicino al mio seno ma non si attacca, proviamo varie volte ma non vuole saperne. L’ora successiva è solo alla nursery perché è orario visite, piange sul suo lettino di plastica lontano da me, dietro un vetro. Subito dopo l’ora delle visite, quando me lo ridanno, Francesco, mio marito si accorge che Davide respira male (lui non è pediatra, è internista) e Davide finisce in patologia neonatale con diagnosi di polmonite neonatale da inalazione di meconio nei polmoni. E lì è stato l’inizio dei miei problemi…).

Dopo il bagnetto Francesco nega il consenso al pediatra per la pomata oftalmica di nitrato d’argento, e lo fanno firmare in cartella clinica. Esco dalla sala parto con mio figlio nel mio letto e mi sento una Pasqua…sono così felice, ma non so che quella sarà l’unica ora che mi lasciano tenere mio figlio con me. I 7 giorni di ricovero in PNN sono un incubo, perché non mi permettono di stare con lui per più di 6 volte nelle 24ore e sempre e solo per 30 minuti…e questo non migliora di certo il ricordo del mio parto…


Moizza con Davide Venerdì 8 Luglio 2005.
Racconto scritto in Giugno 2007

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